“Vorrei dirti che le parole sono tante…”
è questo l’incipit dell’albo illustrato “Vorrei dirti” di Cosetta Zanotti e Lucia Scuderi che ci porta nel mondo delle parole, interessato ad esplorare il loro potere costruttivo, attraverso un percorso poetico fatto di frasi e immagini evocative.
Le parole in questo albo sono presentate come lo strumento con cui intessiamo relazioni e progettiamo il mondo.
In linea con questa visione, penso al lavoro analitico come ad un laboratorio creativo di costruzione di parole dove, quelle che si condividono, diventano traccia delle emozioni che si possono conoscere.
In particolare, mi viene in mente una famiglia che seguo da circa due anni.
I genitori vengono da me per la figlia Ginevra (nome di fantasia), mi dicono che è scontrosa e capricciosa, non sanno cosa fare, vorrebbero che incontrassi la figlia per farla parlare.
L’attesa del lavoro con me è che la figlia possa cambiare e comportarsi più gentilmente con i membri della famiglia.
Nel lavoro, ci diciamo che i comportamenti della figlia sono espressione di un problema che ancora non conosciamo, condivido con loro che sono qualcosa da capire e non da correggere.
Incontro Ginevra una volta a settimana e i genitori una volta al mese, nell’ipotesi che io possa intervenire nel loro rapporto.
Nel corso degli appuntamenti scopriamo che è difficile parlarsi e conoscersi se ci si dà reciprocamente delle identità stereotipate dalle quali è difficile affrancarsi: la mamma è la rompiscatole, il papà è quello più comprensivo, Ginevra è oppositiva, la sorella piccola più accomodante.
Gli stereotipi sull’uno e sull’altra entrano in discussione e si inizia a parlare.
Ci confrontiamo con:
“Parole che schiudono
la luce e il colore […]
Parole tempesta
urla di vento”
Fermarci su ciò che si dice significa fermarci sulle emozioni che sperimentiamo dentro i rapporti.
Parliamo di genitorialità, del vedere i figli crescere e della paura di confrontarsi anche con le loro emozioni più angosciose e confuse che rischiano di trasformarsi nella pretesa di volere i figli buoni e sereni.
Anche Ginevra parla, esploriamo la sua difficoltà a non affidare alla madre la responsabilità di ogni sua indecisione e che ciò che dice o fa ha un impatto sulle relazioni in cui è coinvolta.
In questa famiglia fa capolino un desiderio di stare insieme dove si può essere meno spaventati nell’incontrarsi, che le differenze possono non essere controllate attraverso stereotipi e legami di dipendenza.
Iniziamo a pensare che le identità, sia proprie che dell’altro, sono più complesse di quanto si credeva, che conoscersi reciprocamente è un’esperienza faticosa, che passa anche attraverso i conflitti, ma allo stesso tempo più utile per la convivenza di questi rapporti familiari.
“Parole per casa
Parole mattone
Parole di un mondo
in costruzione”
Costruire un nuovo lessico familiare, ovvero costruire nuovi modi di stare in rapporto, non è un lavoro semplice per le famiglie, quel luogo dove la fantasia del “sapere già come funziona” dà l’illusione di fronteggiare le emozioni di incertezza e di imprevedibilità date dai cambiamenti di chi vi partecipa.
Tutto questo, però, sembra avere un costo: quello del desiderare futuro e nuovi progetti comuni.
Magari conoscere insieme può diventare un’aspirazione più interessante del conoscere prima.